A Gaza non c’è acqua sufficiente per sopravvivere

A 26 giorni dall’inizio della guerra, a Gaza le estreme limitazioni a un accesso sicuro e duraturo all’acqua continuano a minacciare la vita di migliaia di famiglie. Tra il 16 e il 24 ottobre, il Cluster per l’acqua, i servizi igienico-sanitari e l’igiene (WASH) ha stimato che la popolazione aveva accesso solo a 1 o 3 litri d’acqua al giorno per soddisfare tutte le proprie esigenze. Questa carenza fa temere disidratazione, insufficienza renale e altre conseguenze critiche per la salute, soprattutto per le persone già vulnerabili.
Nell’ultima settimana, il Cluster WASH ha segnalato un leggero aumento della quantità giornaliera di acqua disponibile. Questa fluttuazione nella disponibilità giornaliera di acqua si basa su una serie di fattori, tra cui la capacità di trasportare in sicurezza le forniture idriche esistenti, la funzionalità delle condutture idriche israeliane e le riserve di carburante di emergenza disponibili per i due impianti di desalinizzazione dell’acqua di mare ancora in funzione, che attualmente funzionano al 5-40% della capacità, secondo le Nazioni Unite.
Le donne, in particolare quelle incinte o in fase di allattamento, insieme ai bambini, corrono rischi maggiori a causa della mancanza di acqua e servizi igienici adeguati. I bambini sotto i 5 anni sono più esposti alle malattie trasmesse dall’acqua, a causa dell’acqua contaminata e dell’igiene inadeguata. Inoltre, la mancanza d’acqua rende difficile gestire le mestruazioni in modo igienico e dignitoso, portando molte donne e ragazze a usare i prodotti mestruali più a lungo del previsto, aumentando il rischio di infezioni.
INGRESSO DI RIFORNIMENTI E CARBURANTE NELLA STRISCIA DI GAZA
Il carburante non è ancora entrato nella Striscia, anche se le infrastrutture idriche di base di Gaza richiedono un minimo giornaliero di 30.000 litri di carburante per funzionare. La mancanza di carburante ha portato alla chiusura totale degli impianti di trattamento delle acque reflue, con conseguente scarico giornaliero di oltre 130.000 metri cubi di acque reflue grezze nel Mar Mediterraneo, un grave pericolo ambientale. Circa l’80% dell’approvvigionamento idrico di Gaza proviene da pozzi e falde acquifere sotterranee, che richiedono carburante per l’estrazione e la desalinizzazione. La maggior parte delle autocisterne d’acqua sono vuote di carburante e i residenti ricorrono agli asini per trasportare le limitate scorte d’acqua disponibili.
Nonostante i bisogni estremi che le famiglie devono affrontare, tra il 21 ottobre e il 1° novembre, secondo l’OCHA, sono entrati a Gaza solo 26 camion di forniture idriche e igienico-sanitarie salvavita, che non sono neanche lontanamente sufficienti a coprire i bisogni essenziali di sopravvivenza della popolazione.
Mentre il 29 ottobre le autorità israeliane hanno confermato l’intenzione di riprendere le forniture d’acqua al centro di Gaza e hanno dato il via libera all’Autorità idrica palestinese (PWA) per riparare una conduttura idrica critica, rimane incerto se la PWA abbia le risorse necessarie, le condizioni di sicurezza, le forniture e il personale qualificato per effettuare queste riparazioni in modo efficace. Una volta in funzione, questa conduttura potrebbe migliorare significativamente la disponibilità di acqua potabile nell’area. Al contrario, la fornitura di acqua da Israele alla parte occidentale di Khan Younis, che è stata ricollegata alla rete idrica il 15 ottobre, è stata interrotta il 30 ottobre per motivi non chiari. La terza conduttura da Israele al nord di Gaza è rimasta chiusa dall’8 ottobre. Nel frattempo, l’accesso all’acqua in Cisgiordania, soprattutto per le comunità isolate dell’Area C, è sempre più a rischio. Il Consorzio per la protezione della Cisgiordania riferisce che alcune comunità soffrono di carenza d’acqua a causa dei posti di blocco israeliani e della chiusura delle strade. Inoltre, si registra un aumento della violenza dei coloni contro i sistemi idrici e sanitari. Tra questi, il danneggiamento della conduttura idrica principale per i residenti di Masafer Yatta, nelle colline meridionali di Hebron, la distruzione dei serbatoi di stoccaggio dell’acqua e le restrizioni di movimento e di accesso che impediscono agli abitanti del luogo di raggiungere le loro fonti idriche primarie. Dal 7 ottobre, la crisi umanitaria a Gaza è peggiorata significativamente a causa dell’escalation delle ostilità. Esacerbata da 16 anni di blocco e da molteplici cicli precedenti di devastanti escalation di violenza, la Striscia di Gaza si trova ora ad affrontare un bisogno catastrofico di acqua, servizi igienici e sanitari, essenziali per la sopravvivenza dei suoi 2,3 milioni di abitanti, metà dei quali sono bambini.
APPELLO AZIONE CONTRO LA FAME, NORWEGIAN REFUGEE COUNCIL, OXFAM, CARE E WEWORLD
“A tutte le parti in conflitto, ai leader mondiali e alla comunità umanitaria globale perché chiedano un cessate il fuoco immediato per garantire la protezione dei civili e la fornitura senza ostacoli di beni essenziali, compresa l’acqua, verso e all’interno della Striscia di Gaza; affinché tutte le parti rispettino il diritto umanitario internazionale, che richiede la protezione dei civili e la protezione delle infrastrutture critiche per la sopravvivenza della popolazione civile, comprese le infrastrutture idriche e igienico-sanitarie; per un aumento significativo del numero di camion giornalieri di aiuti umanitari che entrano a Gaza. Ciò deve includere un aumento della fornitura di risorse idriche e igienico-sanitarie per far fronte ai bisogni estremi della popolazione locale. Gli aiuti umanitari devono includere articoli per l’igiene personale, domestica e istituzionale, prodotti per la pulizia e l’afflusso vitale di pezzi di ricambio e materiali necessari per le riparazioni urgenti delle infrastrutture idriche danneggiate dalla guerra; affinché tutte le parti concordino sull’immediata fornitura di carburante a Gaza. Questo è essenziale per riattivare e rafforzare le infrastrutture idriche e igienico-sanitarie necessarie per la sopravvivenza della popolazione civile di Gaza; per il ripristino incondizionato, illimitato e continuo di tutta l’acqua fornita da Israele a Gaza attraverso le tre linee di approvvigionamento idrico Mekorot; per la protezione delle comunità dell’Area C della Cisgiordania dal rischio di trasferimenti forzati e affinché gli autori di violenze contro queste comunità siano chiamati a risponderne. Chiediamo la fine delle restrizioni al movimento delle comunità palestinesi in Cisgiordania per consentire l’accesso a beni e servizi a queste comunità vulnerabili”. (aise)

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Redazione
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