DURE PAROLE DEL PRESIDENTE ARGENTINO JAVIER MILEI ALLA LXV VERTICE DEL MERCOSUR, A MONTEVIDEO, URUGUAY 6 dicembre 2024

♥ tullio zembo 

…” Buongiorno a tutti, ai miei colleghi presidenti, ai ministri degli esteri dei nostri paesi fratelli e a tutte le autorità dei paesi membri del Mercosur. Spero che possiamo avere una conversazione fruttuosa riguardo al nostro blocco comune e fare passi avanti nella direzione giusta, che non può essere altro che approfondire i nostri legami per promuovere il commercio e, con esso, portare prosperità ai nostri popoli.

Pur presentandomi oggi qui in qualità di presidente, vorrei parlare principalmente come economista e approfittare dell’occasione – in questa data – essendo trascorsi più di 30 anni dalla sua fondazione, per ricordare la missione originaria del Mercosur e valutare insieme se l’organizzazione sia stata all’altezza delle aspettative iniziali. Perché le istituzioni vanno valutate non per le loro intenzioni, ma per i loro risultati.

Alla fine degli anni ’80, in un mondo completamente frammentato dopo decenni di Guerra Fredda e di polarizzazione ideologica, il Mercosur nacque come un modo per integrare i mercati dei nostri paesi, eliminando dazi, burocrazie e doppie imposizioni fiscali, con l’obiettivo finale di creare una zona di libero scambio. Purtroppo, parallelamente – e a causa delle idee predominanti all’epoca, a nostro giudizio errate – fu proposto un sistema di dazio esterno comune per cercare di proteggere l’industria dei nostri paesi, credendo che ciò avrebbe portato benefici ai nostri cittadini. Purtroppo, il cammino verso l’inferno è lastricato di buone intenzioni e, come ha osservato una volta il professor Huerta de Soto, “ogni volta che lo Stato interviene, il risultato è peggiore rispetto alla situazione precedente.” Non sorprende, quindi, per un liberale come me, che il risultato di queste misure sia stato l’opposto di quello desiderato.

Il dazio esterno comune non solo ha reso più costose le importazioni di beni produttivi, rendendo le nostre industrie locali più care e, di conseguenza, meno competitive, ma ha anche bloccato numerose opportunità commerciali. Perché il commercio funziona come un’autostrada a doppio senso: per poter vendere liberamente, bisogna essere disposti anche ad acquistare liberamente.

Tuttavia, sia per la rigidità del dazio esterno comune, sia per le innumerevoli barriere para-doganali che abbiamo creato negli anni, sia il commercio tra il Mercosur e il resto del mondo, sia il commercio intra-Mercosur si sono deteriorati. Dal 1995 a oggi, la quota del commercio intraregionale di tutti i paesi, ad eccezione del Paraguay, è diminuita significativamente, con l’Argentina e l’Uruguay come casi più evidenti. Dazi così elevati rendono la vita più costosa per i nostri cittadini e negano loro l’opportunità di accedere a beni migliori a prezzi migliori, ossia, di migliorare la loro qualità di vita. Non è un caso, quindi, che, dalla metà degli anni ’90 a oggi, l’incidenza del Mercosur nel commercio mondiale sia diminuita dall’1,8% all’1,6%.

Consolidarci in un blocco comune non solo non ci ha fatto crescere, ma ci ha penalizzati, mentre paesi vicini come il Cile e il Perù si sono aperti al mondo e hanno stipulato accordi commerciali con i principali attori del commercio globale. Noi, invece, siamo rimasti chiusi nella nostra bolla, impiegando oltre 20 anni per concludere un accordo che – oggi – celebriamo, ma che è ancora lontano dal diventare realtà.

Non sorprende, allora, che l’economia dei nostri vicini sia cresciuta molto più delle nostre. Mentre loro hanno accordi di libero scambio con più di 20 paesi, noi abbiamo trattati simili solo con il resto del Sud America, l’Egitto e Israele.

Se è vero che la responsabilità del fallimento argentino ricade principalmente su decenni di una politica economica distruttiva, il Mercosur e le sue restrizioni hanno rappresentato un ostacolo per il progresso degli argentini.

Cile esporta 50 volte più ciliegie di noi e vende 50 miliardi di dollari all’anno in rame, mentre noi non esportiamo nulla in questo settore. Quanti nuovi mercati avremmo potuto sviluppare se fossimo stati aperti al mondo?

Il punto è che gli ultimi 20 anni di politica economica hanno lasciato l’Argentina in un profondo abisso e – oggi – tutta la società sta facendo un immenso sforzo per uscirne. Non possiamo permetterci di lasciarci sfuggire opportunità commerciali: ne abbiamo bisogno come l’acqua nel deserto.

Così come abbiamo imparato dagli errori del passato in materia fiscale e monetaria, dobbiamo imparare anche dagli errori commerciali.

Invito tutti, come fratelli, a guardare la realtà con onestà intellettuale, accettare che questo modello è esaurito e cercare una nuova formula che avvantaggi tutti noi. Solo così potremo combattere la povertà estrema che affligge i nostri popoli.

Che Dio vi benedica e che le forze celesti siano con noi.
Grazie mille” .

 

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Redazione
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