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Il lavoro dei giornalisti: tra Verità e pubblico dei tifosi
Gaetano Amato
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, oggi ha difeso a spada tratta il lavoro dei giornalisti, un mestiere ormai sempre più a rischio di aggressione: “La democrazia è anzitutto conoscenza- ha detto- è contesto nel quale avviene il confronto tra le idee e si esercita il diritto a manifestarle e testimoniarle. Alla libertà di opinione si affianca la libertà di informazione, cioè di critica, di illustrazione di fatti e di realtà. Si affianca, in democrazia, anche il diritto a essere informati in maniera corretta. Informazione, cioè, come anticorpo contro le adulterazioni dela realtà. Operare contro le adulterazioni della realtà costituisce una responsabilità, e un dovere, affidati anzitutto ai giornalisti… ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica”.
Atto eversivo contro la Repubblica, parole durissime quelle del Capo dello Stato, che invitano a una riflessione. Per quanto ci riguarda, ma ormai tocca tutti i paesi occidentali con sistemi democratici, la cosiddetta opinione pubblica, massa indistinta che ha (o dovrebbe avere) un peso importante di condizionamento delle scelte che poi i nostri delegati in ogni ambito, dovranno compiere, è sempre meno informata e attenta. Bombardata com’è da notizie di ogni genere fa sempre più fatica a cogliere l’essenziale, la Verità dalla menzogna. Colpa anche di noi giornalisti, che molte volte scriviamo articoli per pubblici ristretti e selezionati, di addetti ai lavori (o livori), dando per scontato che tutti ci abbiano sempre letto e sappiano di cosa si sta parlando. Questo in generale, se poi scendiamo nel particolare non possiamo non tener presente della grande trasformazione che si è compiuta. Una politica debole, sempre più condizionata dai grandi decisori che muovono economie e finanza, ha lasciato grande spazio a un uso distorto dei social, sempre più veicolo di campagne contro qualcuno e mai per una soluzione, magari condivisa. E qui sta un problema, grande, per la professione giornalistica. Come garantire la Verità, quella che emerge dalla conoscenza dei fatti e dall’onestà personale di chi poi quei fatti interpreta e narra, dalla scelta invece di raccontare una verità di parte.
Dicono: è sempre un pezzo di verità. Vero, ma è una comoda scorciatoia che alla fine, e già lo si avverte, avvelena ogni pozzo di conoscenza, accresce l’ignoranza e crea un popolo, sempre più numeroso, che si affida all’affabulatore di turno. Qui sta a mio avviso la grande difficoltà del mestiere di giornalista: come spezzare questo circolo velenoso che porta, almeno quelli in buona fede, a scrivere una verità dedicata ai propri tifosi, al proprio clan. Verità consolatoria, accomodante, il più delle volte mera conferma di quanto quel pubblico già pensa. La Verità va servita tutta non solo a pezzetti. Costa fatica trovarla, perché il più delle volte ti scatena addosso l’ira dei tanti schierati. Ma solo l’esercizio corretto della professione, teso alla ricerca della Verità tutta, può aiutare un popolo a decidere per il meglio del Paese e non per dare potere a quelli interessati solo alla conquista di poltrone personali.
G.A.