“ l’Italia del Mattone si domanda: caro Silvio ma da che parte stai ? “

Ed alla fine di tutte le (ri)valutazioni (politiche) del caso il Governo, in maniera alquanto inaspettata, quantomeno non immaginabile, decide il dietrofront sulla vicenda del superbonus e dello sconto in fattura in materia edilizia. Lo fa per giunta non ascoltando l’anelito di una categoria economicamente stressata da questo annoso dilemma che ormai da diversi mesi interessa la possibilità o meno di cedere questi crediti fiscali ad operatori professionali pubblici o privati. Senza farsi attendere va in pressing sulla Meloni e la sua squadra di ministri Confimi Edilizia (il ramo Costruzioni di Confimi Industria), una confederazione che tra general contractor e specialistiche raggruppa all’incirca 3.000 imprese del settore, la quale attraverso un poderoso intervento del suo presidente Ventricelli dichiara: “ La mia Confederazione ha sempre rispettato l’operato delle istituzioni, mostrandosi attenta a salvaguardare un doveroso equilibrio tra le parti, ma noi rappresentiamo prima di tutto le imprese, quindi non possiamo tacere su una scelta così ingiusta, che decreta lo stop totale dello sconto in fattura e della cessione del credito, lasciando solo la strada della detrazione d’imposta ”. Parole dure, rivolte all’indirizzo dell’esecutivo a guida FDI, additato come reo di aver posto il divieto anche alla opportunità di cessione alle pubbliche amministrazioni locali dei crediti cosiddetti “ incagliati ”, con ciò infliggendo una condanna ingiusta ad un comparto che paga le pene di altri, pur essendo indiscutibile il contributo offerto negli ultimi due anni alla ripresa del Pil italiano e dunque alla resilienza dell’intero Paese.

L’attenzione dell’associazionismo di categoria è concentrata totalmente sulla rischiosa sorte che un atto normativo probabilmente scellerato, il quale risponde non si sa bene a quale logica se non a quella di elevare un argine rispetto ad una incontrollata lievitazione di questi crediti, tante volte rivelatisi frutto di frodi finanziarie molto ben architettate, possa riservare a più di 20.000 aziende e oltre 100.000 occupati. Tutta “ l’Italia del mattone “ sembra allineata su questa posizione, posto che la disposizione governativa appare incomprensibile ancorchè non anticipata o spiegata prima nel contesto di un tavolo di trattative tese ad una concertazione tra parti istituzionali ed imprese su un tema che espone la nostra già fragile economia ad una pericolosissima stretta creditizia. In base ai dati raccolti da Unimpresa, Federcostruzioni ed ANCE: ” a livello nazionale sono 40 mila le nostre aziende che ora rischiano la chiusura, di queste decine anche sul nostro territorio. Si parla di circa 300.000 famiglie coinvolte in Italia“. Il decreto adottato dal Governo Meloni vuole mettere in sicurezza la regolarità dei conti pubblici, bloccando in entrata alla data del 17 febbraio scorso tutte le istanze nuove e salvaguardando quelle già esaurite ovvero quelle in itinere, per le quali è dettata in via esclusiva una disciplina derogatoria. Senza alcun dubbio si tratta di una misura drastica che incrina un compartimento, che anatomicamente coincide con il motore dell’economia italiana, fatto per lo più di piccola e media impresa artigianale. Gli addetti ai lavori sottolineano come tale scelta sia presuntivamente ancorata a ragioni politiche, dal momento che determina un arresto indirettamente anche al processo di transizione energetica che attualmente è l’immagine futura che delineerà la nuova Europa Unita. Ferrara, presidente di Unimpresa, spende qualche parola non gentile a commento e dice: “ Noi avevamo suggerito di coinvolgere le regioni e gli altri enti locali perché potessero acquistare i crediti delle banche, ma il governo ha detto no, probabilmente per ragioni politiche. Con rammarico, prendiamo atto di queste decisioni che però corrono il rischio di portare al fallimento 25 mila piccole e medie imprese italiane ”. Mentre da una parte la capienza fiscale del sistema bancario italiano, studiata per un ammontare massimo di 81 miliardi di euro risulta ampiamente superata dalla quota di bonus ad oggi maturata, che si attesta alla cifra di 110 miliardi di euro, sconfessando le stime preliminari che ipotizzavano un monte – crediti di 72, dall’altra 25.000 pmi e 90.000 cantieri corrono la seria minaccia di uno stop definitivo. Le contestazioni del mondo imprenditoriale, trascurando solo per un attimo gli elementi contabili piuttosto allarmanti, va dritta al metodo seguito dall’esecutivo con una censura che lamenta la chiusura completa ad ogni forma di dibattito minimo e confronto con il mondo dei soggetti interessati, professionisti, aziende e famiglie. L’errore nei calcoli di partenza ha provocato l’esigenza di un insostenibile scostamento di bilancio in un’area economica cruciale per lo sviluppo della nazione, visto che con i suoi 2.800.000 occupati realizza 475 miliardi di fatturato annuo. Ma si sa, secondo la filosofia politica realista prima viene la “ Ragion di Stato “.

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Redazione
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