Papa Francesco: la fede è una storia d’amore

ROMA\- “La fede è una storia d’amore con Dio”, che “ci ama per primo, gratis, facendo il primo passo verso di noi senza che lo meritiamo; e allora noi non possiamo celebrare il suo amore senza fare a nostra volta il primo passo per riconciliarci con chi ci ha ferito”. Questo il messaggio che Papa Francesco ha affidato a fedeli e pellegrini giunti ieri in piazza San Pietro per assistere alla consueta recita dell’Angelus domenicale.
“Nel Vangelo della liturgia odierna”, ha esordito Bergoglio, “Gesù dice: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Mt 5,17). Dare compimento: questa è una parola-chiave per capire Gesù e il suo messaggio. Ma che cosa significa questo “dare compimento”? Per spiegarla, il Signore comincia a dire che cosa non è compimento. La Scrittura dice di “non uccidere”, ma questo per Gesù non basta se poi si feriscono i fratelli con le parole; la Scrittura dice di “non commettere adulterio”, ma ciò non basta se poi si vive un amore sporcato da doppiezze e falsità; la Scrittura dice di “non giurare il falso”, ma non basta fare un solenne giuramento se poi si agisce con ipocrisia (cfr Mt 5,21-37). Così non c’è compimento”.
“Per darci un esempio concreto”, ha continuato il Papa, “Gesù si concentra sul “rito dell’offerta”. Facendo un’offerta a Dio si ricambiava la gratuità dei suoi doni. Era un rito molto importante – fare un’offerta per ricambiare simbolicamente, diciamo così, la gratuità dei suoi doni –, tanto importante che era vietato interromperlo se non per motivi gravi. Ma Gesù afferma che si deve interromperlo se un fratello ha qualcosa contro di noi, per andare prima a riconciliarsi con lui (cfr vv. 23-24): solo così il rito è compiuto. Il messaggio è chiaro: Dio ci ama per primo, gratis, facendo il primo passo verso di noi senza che lo meritiamo; e allora noi non possiamo celebrare il suo amore senza fare a nostra volta il primo passo per riconciliarci con chi ci ha ferito. Così c’è compimento agli occhi di Dio, altrimenti l’osservanza esterna, puramente rituale, è inutile, diventa una finzione. In altre parole, Gesù ci fa capire che le norme religiose servono, sono buone, ma sono solo l’inizio: per dare loro compimento è necessario andare oltre la lettera e viverne il senso. I comandamenti che Dio ci ha donato non vanno rinchiusi nelle casseforti asfittiche dell’osservanza formale, se no rimaniamo in una religiosità esteriore e distaccata, servi di un “dio padrone” piuttosto che figli di Dio Padre. Gesù vuole questo: non avere l’idea di servire un Dio padrone, ma il Padre; e per questo è necessario andare oltre la lettera”.
“Fratelli e sorelle, questo problema non c’era solo ai tempi di Gesù, c’è anche oggi”, ha osservato Francesco. “A volte, per esempio, si sente dire: “Padre, io non ho ucciso, non ho rubato, non ho fatto male a nessuno…”, come dire: “Sono a posto”. Ecco l’osservanza formale, che si accontenta del minimo indispensabile, mentre Gesù ci invita al massimo possibile. Cioè Dio non ragiona per calcoli e tabelle; Lui ci ama come un innamorato: non al minimo, ma al massimo! Non ci dice: “Ti amo fino a un certo punto”. No, l’amore vero non è mai fino a un certo punto e non si sente mai a posto; l’amore va sempre oltre, non può farne a meno. Il Signore ce lo ha mostrato donandoci la vita sulla croce e perdonando i suoi uccisori (cfr Lc 23,34). E ci ha affidato il comandamento a cui più tiene: che ci amiamo gli uni gli altri come Lui ci ha amati (cfr Gv 15,12). Questo è l’amore che dà compimento alla Legge, alla fede, alla vera vita!”.
“Allora”, ha chiosato il Santo Padre rivolgendosi ai fedeli, “possiamo chiederci: come vivo io la fede? È una questione di calcoli, di formalismi, oppure una storia d’amore con Dio? Mi accontento soltanto di non fare del male, di tenere a posto “la facciata”, o cerco di crescere nell’amore a Dio e agli altri? E ogni tanto mi verifico sul grande comando di Gesù, mi chiedo se amo il prossimo come Lui ama me? Perché magari siamo inflessibili nel giudicare gli altri e ci scordiamo di essere misericordiosi, com’è Dio con noi. Maria, che ha osservato perfettamente la Parola di Dio, ci aiuti a dare compimento alla nostra fede e alla nostra carità”.
Al termine dell’Angelus, Papa Francesco non ha mancato di rivolgere una preghiera per le popolazioni terremotate in Siria e Turchia, vittime di una immane “catastrofe”, e per “la martoriata Ucraina: che il Signore apra vie di pace e dia ai responsabili il coraggio di percorrerle”.
Infine Bergoglio si è detto “addolorato” per le notizie che giungono dal Nicaragua, dove “il vescovo di Matagalpa, monsignor Rolando Álvarez, a cui voglio tanto bene”, è stato “condannato a 26 anni di carcere” e molte persone “sono state deportate negli Stati Uniti”.
“Domandiamo al Signore, per l’intercessione dell’Immacolata Vergine Maria, di aprire i cuori dei responsabili politici e di tutti i cittadini alla sincera ricerca della pace, che nasce dalla verità, dalla giustizia, dalla libertà e dall’amore e”, ha concluso il Papa, “si raggiunge attraverso l’esercizio paziente del dialogo”. (aise)

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